Lo scorso mese, il gruppo di lettura Bibliophili, a dieci anni dalla morte della scrittrice e giornalista Oriana Fallaci – 15 settembre 2006 – ha deciso di intraprenderne la lettura, optando per il primo grande successo della scrittrice toscana: Lettera a un bambino mai nato.
In un tragico monologo, una donna del nostro tempo, sola e indipendente, aspetta un figlio, sentendo la maternità non come un dovere ma come una scelta personale e responsabile. Un interrogativo la angoscia: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Nel tentativo di darsi una risposta, la protagonista spiega al futuro bambino com’è il mondo, dove fra violenza, sogni di libertà e d’amore, si cerca di sopravvivere.
Terminato questo libro, per me il primo di Oriana Fallaci.
Con le sue parole è riuscita a confermare le idee che ho sempre avuto sulla gravidanza. Ogni sua affermazione ha suscitato in me forte consenso, ho divorato le pagine una dopo l’altra. L’omissione di nomi e volti rende la storia perfetta per l’immedesimazione di ogni lettore. Apprezzo molto la figura dell’amica della protagonista: da donna che ha vissuto parti e aborti riesce a impartire una forte lezione al padre del bambino, rappresentazione di molti uomini che non si prendono le responsabilità di un figlio che per il 50% è loro; con la consapevolezza che non avranno mai il “peso” di un bambino nel proprio corpo si sono permessi di giudicare, di condannare. La cosa che più mi ha colpita di Oriana è il suo riuscire a spostare il focus dall’aborto alla vita, all’esistere, l’avere una possibilità. La protagonista ha voluto dare questa possibilità al bambino scendendo a patti, chiedendo il rispetto reciproco.
Perché nasciamo per poi dover morire? Lo facciamo perché la vita, oltre alla felicità ci dà anche sofferenza, ci mette di fronte a situazioni terribili spesso celate dietro ciò che può sembrare normale ai più. Dove sta il giusto? E lo sbagliato? Questa sofferenza ci consente di poter andare avanti, di imparare, dandoci nuove opportunità ricominciando da zero. Questo libro è un capolavoro di atrocità, di amore, è un capolavoro di verità sulla vita.
Sara Paoli
Volevo leggere qualcosa di Oriana Fallaci da molti anni, la mia curiosità era tanta, ma quando la tua wishlist librosa si allunga ogni giorno, è facile dimenticare qualche autore. Ho trovato questo romanzo scritto davvero bene, impetuoso, scorrevole, razionale e irrazionale. Mi è piaciuto perché nei vari capitoletti parte da un ragionamento e poi arriva a confutarlo, e a mio parere, avere il beneficio del dubbio è un atteggiamento intelligente. Io ho viaggiato con lei, a volte condividendo i suoi stessi pensieri, a volte, invece detestandoli. Insomma è stata una lettura passionale e interessante. Per quanto io sia lontana dai pensieri femministi classici, mi rendo conto dell’impatto sociale e culturale che ha avuto un libro del genere negli anni 70 e del coraggio dell’autrice. L’intelligenza di Oriana è palpabile in queste pagine, e ha fatto accrescere il mio desiderio di conoscerla di più.
Caroline Bartoccioni
Un libro che mi ha cambiata
Buongiorno Bookslovers, oggi voglio proporvi una lettura che sono sicura che cambierà anche la vostra visione delle cose.
Qualche tempo fa, nel gruppo di Facebook “Bibliophili”, di cui faccio parte, abbiamo votato per una lettura condivisa. La scelta è ricaduta su “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci.
Introduco il post sottolineando il fatto che io adoro questa donna e che immaginavo che avrei adorato anche la sua opera ma, non avrei mai pensato che mi avrebbe influenzata tanto.
Fondamentalmente, il “dibattito” che troviamo in questo lungo dialogo di una donna alla sua creatura che deve ancora nascere, tratta della possibilità della vita. Non è tanto una scelta di aborto ma d’esistenza. Io sono sempre stata a favore dell’aborto e continuo ad esserlo. E’ giusto che una persona possa scegliere per se stessa, ci sono dei casi che può essere anche imprescindibile. Quello che è cambiato in me è il fatto che, se mi trovassi a dover portare avanti una gravidanza, non mi tirerei indietro. Ho sempre pensato che l’aborto sarebbe stata la mia prima scelta, che a 22 anni un figlio ti tolga la possibilità di vivere davvero e di fare le giuste esperienze. Dopo aver letto questo libro, mi sono chiesta: avrei il coraggio di farlo, di uccidere una creatura (che anche se non ancora formata) è dentro di me e diventerà mio figlio? Una piccola, indifesa parte di me che non riuscirei a buttare in un cestino tra garze sporche e cerotti.
Questo monologo mi ha toccata profondamente, è bello, vero, straziante e incredibilmente attuale in ogni epoca possibile. Penso che sia uno di quei libri che andrebbe fatto leggere nelle scuole e nelle università, riuscirebbe ad entrare anche nel cuore più impenetrabile. Ero certa che la mia idea non sarebbe mai cambiata, invece, questo libro, mi ha dato la possibilità di vedere le cose da ben altri punti di vista.
Che la Fallaci sapesse scrivere lo sappiamo tutti, ma che un libricino composto solo da un lungo dialogo tra una madre ed il suo bambino (che aspetta il dolore della vita) potesse contenere un così grande insegnamento, non lo avrei mai pensato. Io vi prego di leggerlo e vi assicuro che non ve ne pentirete. Non vi porterà via nemmeno tempo, è breve e molto scorrevole.
Il coraggio della donna del libro (che non si tratta della Fallaci) è di vero esempio e valore morale ed etico. Rimasta sola, riesce ad andare contro tutti e contro se stessa, tutto questo per il suo bambino che la ascolta parlargli e spiegargli cosa aspettarsi dalla vita.
“Essere mamma non è un mestiere. Non è neanche un dovere. E’ solo un diritto fra tanti diritti”.
Sara Fenili