Invece gli errori del principe Andrej gli si rivolgono contro: la sua freddezza ed estraneità alla vita, il ribrezzo e l’ostilità per la carne culmineranno nel destino di uno che con una parte di sé è sempre stato morto.
“Amare tutto, tutti, sacrificare in ogni momento se stesso per l’amore: voleva dire non amare nessuno, voleva dire non vivere di questa vita terrena.”
Il paradosso di Guerra e Pace vuole che due indagatori dell’immenso come il principe Andrej e Pierre puntino su una persona meravigliosamente limitata: Nataša. Nataša cammina a un centimetro dall’abisso e solo la grazia le impedisce di cadervi: è felice in maniera assurda e nessuno potrebbe spiegarne il motivo. Forse la sua gioia di vivere è posseduta da un profondo narcisismo: si ama e nei monologhi che fa a se stessa c’è sempre un uomo, il migliore, il più intelligente che la sazia di complimenti.
“Per lei era troppo poco amare e sapere di essere amata: aveva bisogno di abbracciare l’uomo amato in quel momento, subito; di dire e di ascoltare dalla sua voce le parole d’amore di cui il suo cuore era colmo.”
A Nataša e Pierre spetta il regno del presente, al principe Andrej quello del futuro che il figlio Nikolaj eredita e con il cui sogno il grande romanzo termina ma potrebbe anche ricominciare da qui.
“Di una cosa sola prego Dio: che anche a me succeda ciò che è successo agli uomini di Plutarco, e io farò come loro. Anzi farò meglio di loro. Tutti lo sapranno, tutti mi ameranno, tutti mi ammireranno.”